Breve riassunto dei miei appunti sul Madagascar

Mi è stato detto di scrivere qualche riga a proposito del viaggio in Madagascar e io ho accolto l’invito con poca convinzione, ma durante la stesura mi sono reso conto di quanto un mosaico elaborato e strutturato abbia maggiore valore di un mucchio di tasselli disordinato.
Sulla carta hanno infatti trovato posto i ricordi, che pian piano si incastonavano gli uni accanto agli altri, dandomi una prospettiva globale dell’esperienza che ho vissuto.

Vorrei inizialmente premettere che il viaggio per il Madagascar non è iniziato con il decollo da Malpensa, ma già nei mesi antecedenti, grazie a riunioni, incontri e condivisioni, che avevano lo scopo di prepararci ad accogliere la missione. Significativo è stato il soggiorno a Faido di qualche giorno per conoscerci meglio e lavorare sull’unità del gruppo, valore che poi si è rivelato fondamentale. Nonostante le varie occasioni d’incontro la compagnia si è trovata al completo solamente l’8 di luglio, un giorno prima della partenza, quando ci era stato assegnato il compito di riempire e pesare le valigie missionarie.

Arrivò alla fine il 9, un momento che aspettavo da tempo. Carichiamo quindi i bagagli e partiamo tutti insieme. Anche se il viaggio si sarebbe concluso solamente il giorno seguente, io avevo la sensazione di essere già arrivato, non riuscivo a trattenermi dal fantasticare su come sarebbe stato il Madagascar.

La prima immagine che mi ricordo nitidamente è quella delle folle che attendevano il nuovo cardinale e il meraviglioso sole cremisi del tramonto, il quale illuminava le colonne di fumo che si sollevavano da qualche comignolo in lontananza, per poi infrangersi sulle risaie. Un panorama che era possibile osservare dal nostro domicilio e che al solo ricordo ancora mi scuote.

Fu inoltre una sorpresa del primo giorno scoprire che eravamo alloggiati in una residenza costruita appositamente per i missionari. Qui per tre settimane abbiamo avuto la possibilità di dormire lavarci e in qualche occasione prendere parte a dei banchetti.
Il vero impatto emotivo giunse l’11 luglio, quando fummo accolti nella scuola delle Suore Carmelitane di Ilanivato. Qui abbiamo assistito ai cori e alle danze di benvenuto dei bambini e persino dei docenti. Conoscere i 1400 allievi presenti nell’istituto camminando fra di loro, stringendo le loro mani e osservando i loro volti sorridenti è stata una delle emozioni più dirompenti della mia vita. È stata una presentazione reciproca sincera e senza traccia di superficialità.

Nei giorni seguenti abbiamo fatto la conoscenza delle suore e dei docenti, persone per le quali ho avuto stima e simpatia fin dal primo momento. Spesso io e i miei compagni ci scambiavamo osservazioni sul coraggio la perseveranza e la determinazione di queste persone, che gestiscono la scuola in modo esemplare e umano.

Particolarmente importante è stata per me la prima lezione, che ho avuto la fortuna di condurre con Dennis, un compagno di viaggio e amico. Significativa perchè è stata un disastro. Non avevamo progettato adeguatamente il materiale, concludendo l’insegnamento a mezz’ora dalla fine della lezione e avendo la sensazione che ciò che avevamo proposto non fosse adeguato per la seconda elementare che ci aveva ospitato. Un’esperienza del genere ci ha permesso di migliorarci e prendere contatto con una realtà scolastica che non ci appartiene.

A partire dal 13 luglio presi poi parte al gruppo che si occupava di insegnare teatro ai ragazzi delle medie e subito mi innamorai dell’atmosfera che si veniva a creare sulla scena una volta superato l’imbarazzo generale. Grazie alla bravura e alla autorevolezza di Fiorenzo, che si occupava di gestire i vari gruppi il progetto prese forma velocemente e ci venne chiesto di far preparare ai ragazzi tre pièce in vista delle giornate culturali.

Un ulteriore attività che ha lasciato il segno nei miei ricordi è stato il solo viaggiare, durante i weekend e i mercoledì pomeriggio, quando la scuola era chiusa e noi avevamo del tempo libero per visitare Antananarivo e i suoi dintorni. Così facendo avevamo l’opportunità di riflettere su ciò che si stava facendo, di riposare e anche di prepararsi per i compiti che ancora ci attendevano.

Mi ritengo fortunato ad aver preso parte a questo viaggio, che ha aiutato più noi che i nostri ospiti malgasci. Mi ha cambiato, nel profondo. Un semplicissimo ingrandimento nella prospettiva di tutti i giorni. Mi piace paragonare la mia esperienza personale ad un grandangolo, che mi permette di capire e catturare soggetti prima trascurati; insomma non cambia ciò che l’immagine presenta, ma la sua completezza, oggi più ampia che mai.

Conoscere così approfonditamente tutte le sfumature sociali di un luogo a me estraneo mi ha aperto gli occhi su di un mondo tutto nuovo. Grazie alle suore, alle nostre guide e persino all’ambasciatore svizzero presente nella capitale, abbiamo visto le differenze più grandi osservabili fra i cittadini malgasci. Indimenticabile è stata la visita all’ospedale che ha fatto commuovere diversi ragazzi del nostro gruppo a causa delle situazioni degradate e i sorrisi amari.

Per poter raccontare adeguatamente di queste tre settimane avrei bisogno di scrivere un libro, in quanto per ogni parola già scritta potrei dilungarmi in un discorso, siccome l’ammontare delle scartoffie e degli appunti presi durante il viaggio sono molti.

Niccolò

P.S.
A posteriori è stato complesso scrivere dei giorni passati sull’isola rossa.
Le emozioni dirompenti provate durante quei momenti non erano ancora state elaborate e non avevano ancora raggiunto la concretezza intellettuale con cui le identifico oggi. È stato quindi come vivere nuovamente le incertezze e le gioie che mi hanno accompagnato nel viaggio.
È stata un’occasione che mi ha permesso di rivivere un viaggio che per sempre terrò nel cuore.

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